mercoledì 24 dicembre 2008

Abolizione delle province. Il presidente della provincia dice no

Il presidente della provincia di Genova, Alessandro Repetto, ha difeso con forza l'istituzione provinciale. Ha contestato la cifra di 15 miliardi - che secondo lo studio dell'IBL rappresenta il costo delle province - e rilanciato sull'utilità di questi enti. Andiamo con ordine. E' ovvio che l'abolizione delle province non porterebbe a un risparmio secco di 15 miliardi (che sono un'enormità: stiamo parlando di un punto percentuale di Pil). Porterebbe a un risparmio secco molto più basso (quello corrispondente al "costo politico" delle province, cioè agli stipendi e al mantenimento delle strutture al servizio di giunte e consigli) ma, nel medio termine, il risparmio si avvicinerebbe ai 15 miliardi. Infatti, parte degli edifici potrebbero essere ceduti, alcuni contratti di affitto potrebbero essere interrotti, e il personale potrebbe essere riallocato e gradualmente assorbito in altre pubbliche amministrazioni, con una riduzione netta degli occupati nel settore pubblico. Dopo di che, l'elemento centrale della difesa di Repetto - che cioè le province servono perché svolgono funzioni di raccordo - ci sta come i cavoli a merenda. Nessuno dice, e certo non noi, che quelle funzioni non siano importanti. Diciamo solo, e più banalmente, che non sta scritto nella Bibbia che debbano essere svolte da una "cosa" chiamata provincia. Possono essere largamente trasferite a comuni e regioni, e in certa misura assegnate a "consorzi" tra comuni che "fanno scala". Al limite, si potrebbero anche mantenere le province (sort of) trasformandole in enti di secondo grado. Sono mille le cose che si possono fare e centomila i miglioramenti che si possono apportare al nostro (e ad altri) progetti. Quello che bisogna evitare è mantenere lo status quo.

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