mercoledì 12 novembre 2008

Efficiente sarà lei

Ieri i lavoratori Fincantieri hanno scioperato contro il mancato rinnovo del contratto. Secondo i sindacati, l'azienda va bene, regge di fronte alla crisi, mantiene le commesse, e quindi dovrebbe spostare delle risorse dai dividendi per gli azionisti alla remunerazione del personale, oltre che all'assunzione di nuove maestranze. Non conosco i dettagli del bilancio, quindi non voglio entrare nel merito - anche se qualche dubbio mi resta. Però c'è un passaggio, nella nota della Fiom-Cigil, che trovo interessante e che merita un minimo di riflessione: "E’ necessario quindi mantenere, consolidare e rilanciare questo grande patrimonio produttivo, e occorre farlo con maggiori investimenti e buona occupazione, perché il lavoro da fare è tanto e non lo si può fare solo con gli appalti. Occorre assumere e non spingere la gente ad andarsene; occorre un’organizzazione del lavoro efficiente, che rispetti la salute e la sicurezza di chi lavora; per questo basta con l’appalto selvaggio: proprio perché in futuro ci possono essere momenti di incertezza, l’azienda deve chiarire qual è il modello organizzativo che intende sostenere all’interno dei cantieri". La distribuzione del carico lavorativo tra produzione inhouse e appalti esterni è, essenzialmente, un fatto di gestione (o distribuzione) del rischio. Se mi aspetto un certo volume di lavoro per un periodo di tempo sufficientemente lungo, assumo della gente, faccio un investimento su di loro in modo da garantirmi una qualità del lavoro mediamente più alta, grazie al commitment di queste persone verso l'azienda e al loro interesse al buon funzionamento del tutto. Se invece il futuro è incerto e volatile, sceglierò un'organizzazione più flessibile, attraverso l'esternalizzazione degli appalti. Non c'è, dal punto di vista teorico, alcuna differenza tra questi due modelli - come è chiaro leggendo il magistrale saggio di Ronald Coase sull'impresa. La differenza è pratica: assumendo persone, riduco i costi di transazione ma aumento le rigidità; altrimenti, mi sposto nella direzione opposta. Questo significa che, almeno in senso lato, il modello organizzativo è per definizione chiaro, e deriva dalle convinzioni del management riguardo al carico di lavoro futuro e alla sostenibilità dei costi fissi. Ora, qualunque organizzazione è, apriori, ugualmente efficiente o poco efficiente, nel senso che non esiste un'organizzazione astrattamente migliore. Il problema dell'efficienza sta, dunque, negli incentivi. Assumendo che sia vero quanto dicono i sindacalisti - che cioè non c'è grande incertezza per il futuro e che l'azienda potrebbe assumere di più e retribuire meglio - perché il management agisce diversamente? Due sono le possibili risposte: la prima è che si tratta di un management incompetente. Se è così, i sindacati dovrebbero dirlo e farlo presente all'azionista - che, al momento, è lo Stato. L'alternativa è che il management ritenga che, nonostante quanto io ho scritto, il costo delle assunzioni (che coincide principalmente con le rigidità imposte dalle norme lavoristiche italiane) è superiore al loro beneficio, cioè che il (pur basso, per la Fiom) rischio di dover nel futuro prevedibile tagliare il personale è superiore al, teoricamente alto, guadagno in efficienza e commitment assicurato da un legame stabile. Se è così, significa che c'è qualcosa che non va nel secondo termine dell'equazione: significa, cioè, che il rendimento delle risorse internalizzate è men che ottimale, ossia che gli incentivi a lavorare tanto e bene non sono, per essi, sufficientemente alti. Mi sembra, questa, per la conoscenza indiretta che ho dell'azienda e anche per quello che mi dicono i miei amici che invece la conoscono più direttamente, una spiegazione ragionevole. Anche se la pacchia di una volta è un pallido ricordo, è ancora possibile per un dipendente, diciamo così, parcheggiarsi alla macchina del caffè, usare le ore lavorative per giocare al fantacalcio, e fare provvista di cancelleria e materiale vario nei magazzini dell'azienda. In queste condizioni, è ovvio che sia preferibile un lavoratore meno motivato, ma più facile da allontanare - se sgarra - a uno con un alto rischio di fannulloneria. Naturalmente questo genere di problemi sono molto meno avvertiti nelle imprese ad azionariato largamente o totalmente privato, meno soggette alle pressioni della politica, e dunque nelle quali la pelandroneria è più facilmente sanzionata. Il problema sta appunto nella difficoltà di punire i comportamenti devianti, che dunque si generalizzano. Non credo di sostenere una cosa troppo lontana dalla realtà, se dico che gli aumenti occupazionali, a parità di condizioni di mercato e al netto delle infornate elettorali, sarebbero probabilmente più facili se andasse in porto la cessione di una tranche di Fincantieri sul mercato (ok, ora che il mercato è orso il gettito sarebbe inferiore a quello sperabile, bisognava farlo prima, ma meglio tardi che mai, e meglio poco che nulla). L'ipotesi di base è, ovviamente, che, come dice la Cigil, l'organizzazione del lavoro sia già "efficiente", e quindi Fincantieri non si trovi sovraorganico. Sono disposti, i sindacati, ad accettare questa sfida?

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ogni comunicato Fiom è una perla di genialità. Impossibile trattenersi dal sorridere davanti al gigante non-sense di una cricca sindacale che chiede l'internalizzazione del personale che è stato esternalizzato proprio a causa del sindacato stesso.

I termini dell'equazione che non quadrano sono entrambi: un manuale un po' aggiornato di economia del lavoro(purtroppo non l'ho sottomano al momento) presenterà sicuramente i dati relativi a quello che in letteratura si chiama "adjustment cost", ovvero il costo relativo all'aggiustamento della forza lavoro impiegata in azienda al cambiare delle condizioni di mercato. Quando la domanda cresce assumo, quando decresce lascio la gente a casa. In un mondo perfetto non ci sono costi per fare queste operazioni. Ma il mondo, si sa, perfetto non lo è affatto e nemmeno vi è una comune condivisione sul fatto che lo debba essere tout court. Quindi si inseriscono distorsioni al naturale aggiustamento creando costi sia per l'assunzione che per il licenziamento. Tali costi operano da garanzia per gli insider e da barriera economica per gli outsider. Ma il tempo passa e i manager imparano dagli errori. E visto che nel caso Fincantieri con il tempo molti degli insider si sono beccati una meritata (pre-)pensione non si capisce bene perché l'azienda dovrebbe trasformare quelli che ora sono outsider in straprotetti insider e riniziare la storia delle sue disgrazie da capo.



Inutile informarvi del fatto che i costi per gli aggiustamenti negativi (laid off, licenziamenti) siano straordinariamente alti. Più alti che in tutti gli altri paesi OCSE. La FIOM stessa è un adjustment cost. La sfida che vorrei raccogliesse e la seguente: autodistruggersi a vantaggio dei propri iscritti.