Sabato scorso si è celebrata a Sestri Levante, nella chiesa di San Pietro in Vincoli, la prima messa in latino dai tempi del Concilio. Un gruppo di fedeli aveva a suo tempo presentato formale e regolare richiesta al vescovo di Chiavari, monsignor Alberto Tanasini, e ha ottenuto di poter assistere al rito due volte al mese. Qualche difficoltà nella ricerca del sacerdote, visto che tra i parroci sestresi pare nessuno si sia reso disponibile. Così la messa è stata celebrata da un prete chiavarese. Poco male. Il fatto sarebbe di poco interesse - nel senso che la religione e soprattutto il modo in cui ciascuno interpreta il suo rapporto con Dio è una faccenda talmente privata che sarebbe quasi offensivo parlarne su un blog, come questo, tra la politica e il cazzeggio - se non avesse avuto una dimensione pubblica. Che va al di là del messaggio trasmesso da quel tipo di messa e da quel tipo di fedeli. Una dimensione diversa, più piccina e più impicciona. Come riferisce il Secolo, la messa in latino "divide Sestri". A intervenire contro di essa sono, tra gli altri, il priore della comunità dei sacerdoti sestresi, don Pino Bacigalupo, e il sindaco, Andrea Lavarello.
Dice don Pino: "C'erano perplessità e restano soprattutto perché la richiesta è partita da un gruppo limitatissimo di persone. Questa è la messa di Pio V e del Concilio di Trento... Si vede che chi ne ha fatto richiesta è un gruppo di persone chic". Ora, posto che non voglio entrare nel merito, posto che non penso che essere "chic" sia un insulto, e posto che la questione del pastore e delle pecorelle smarrite (se il parroco ritiene che questo siano i fedeli affezionati al vecchio rito) me la ricordavo in maniera diversa. Posto tutto questo, con rispetto parlando, don Pino ci è o ci fa? Nel senso che il "gruppo limitatissimo di persone" era comunque composto da 71 individui, secondo quanto riferisce il quotidiano locale, che mi sembra un numero dignitosissimo. E, a prescindere da questo, non capisco perché don Pino ritenga utile parlare in questo modo alla stampa. La separazione tra Stato e chiesa, che è un po' una barzelletta (ma non nel senso convenzionale, come spiega qui Carlo Lottieri), dovrebbe essere intesa soprattutto come una tutela a favore della Chiesa contro la politicizzazione. Se la Chiesa è cattolica, cioè universale, non può permettersi di mettere in campo il derby - conservatori contro progressisti - e in ogni caso non può permettersi di affrontare coi criteri del teatrino partitico questioni che, semplicemente, non esistono.
Quanto sia profondo l'errore del parroco sestrese lo rivela l'intervento di Lavarello, che subito, direbbe Peppone, l'ha buttata in politica. "Viva la libertà - ha premesso, col tipico artificio retorico di chi la libertà la vuole abbattere (come quelli che esordiscono con "non sono razzista ma...") - Questa è una città in cui da sempre prevale, a livello numerico, una sensibilità di sinistra. E' una città che guarda allo sviluppo. Se poi ci sono forze che vanno in direzioni diverse... beh, siamo pluralisti". A parte che scopro ora che il latino è di destra, nelle parole di Lavarello si nasconde tutta la violenza che necessariamente sta alla base della politicizzazione della vita privata. Chissenefrega se a Sestri la maggior parte della gente preferisce la messa in italiano, o preferisce non andare a messa? E chissenefrega se, agli occhi del sindaco, la messa in latino è un buffo orpello di persone restate indietro? La libertà è, appunto, la possibilità per ciascuno di fare quel che gli pare e piace, purché non danneggi il prossimo. Dal punto di vista "sociale", quello che è accaduto sabato è molto semplice: un gruppo di persone che aderiscono a una "associazione privata" (la Chiesa) hanno scelto, secondo le regole di quell'associazione, di organizzare un evento pacifico che non ha aggredito o disturbato nessuno. Perché mai il primo cittadino dovrebbe dare la sua approvazione? Coraggio, statalisti, buttate giù le carte.
martedì 7 ottobre 2008
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1 commento:
Bellissimo il pezzo finale. Lavarello aveva abbindolato molti con la storia della "libertà", come la intende lui, ex cathedra ("cathedra"?)
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