martedì 16 settembre 2008

Comincia la scuola. Quando il primo sciopero?

Il Tigullio non è stato immune dalle polemiche sulla riforma della scuola. Il Secolo XIX riferisce di due linee di scontro, una "locale" e l'altra "nazionale".

La prima riguarda la richiesta che il comune di Chiavari ha fatto alla provincia di Genova: Palazzo Bianco ha concesso l'utilizzo gratuito del palazzetto dello sport, ma ha chiesto il pagamento delle spese di gestione (12.000 euro subito e poi 2.500 euro al mese). L'assessore provinciale all'Edilizia scolastica, Monica Puttini, grida al tradimento, ma onestamente non vedo come si possa contestare la scelta del primo cittadino chiavarese, Vittorio Agostino. Siamo di fronte, sempre e solo, all'ennesimo problema del disordine istituzionale italiano: enti diversi sono chiamati a cooperare, non avendo alcun incentivo a farlo. Quando si parla di federalismo fiscale, teoricamente si dovrebbe puntare a risolvere questo genere di faccende, responsabilizzando le amministrazioni e riallineando prelievo e spesa. Tanto più che, nel caso in questione, entra in gioco anche il fattore "scuola": in Italia l'istruzione è pubblica, gratuita e obbligatoria. Un cocktail micidiale che ha una e una sola conseguenza: lo scaricabarile. L'istruzione non è un investimento per nessuno, ma una spesa per molti. Finché non verranno scardinati questi fattori, continueremo ad assistere a spettacoli del genere.

A questo braccio di ferro, si è aggiunta - in numerose scuole del comprensorio - la rivolta degli insegnanti contro le riforme del ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini. Non ho un'opinione chiara sul progetto della Gelmini (qui trovate alcuni persuasivi argomenti critici), ma su due cose ritengo il ministro abbia pienamente ragione e meriti un deciso sostegno. Una è la questione del maestro unico: qui vi sono ragioni pedagogiche e finanziarie per ritornare alla "vecchia" impostazione, tanto più che il passaggio dal maestro unico al "tre per due", manco fosse una promozione al supermercato, furono principalmente di carattere clientelare (trainare dentro la scuola un po' di quelli che oggi si chiamano precari). Mi sembra giusto che coloro che beneficiarono di quella manovra, siano oggi chiamati a pagarne il conto. Più in generale, e questo mi porta alla seconda constatazione, trovo sinceramente assurdo che, ogni volta che qualcuno paventa un intervento sull'organizzazione scolastica, si scateni il finimondo (significativa l'intervista di Luigi Berlinguer sul Corriere). Gli insegnanti sono uno stakeholder importante, ed è quindi ragionevole ascoltare la loro voce: ma da qui a subirne sistematicamente il ricatto, ce ne passa. Quello che, però, lascia a bocca aperta è il comportamento degli studenti e delle loro famiglie, che - da consumatori - dovrebbero cercare un miglioramento qualitativo dell'offerta scolastica, e dovrebbero entrare nel merito delle scelte. Invece essi si schierano sistematicamente a difesa dello status quo (a suo tempo l'ho fatto anch'io, più o meno).

Perché si comportano e ci siamo comportati così? Il masochismo è un diritto, ma se diventa il comportamento maggioritario in una società, allora è l'inizio della fine.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

due o tre riflessioni tra il serio e il faceto:
1. Ho fatto le elemetari nel 1979-85, con 16 miei compagni, di cui uno con problemi esistenziali. Avevo un maestro, in stile Perboni ed andavo a scuola al Sabato. Niente tempo pieno. Ho 35 anni, collaboro con qualche giornale, leggo, mi documento credo di avere una buona istruzione. A distanza di anni, rimpiango di non aver studiato meglio alcune materie ma cerco di sopperire. Mio zio ha smesso di studiare 35 anni fa, la sua preparazione è ancora ottima (complice, probabilmente una buona memoria... mi cita ancora alcune poesie, che fan sempre figo, purtroppo però spesso non si è compresi).
2. Non so se sia fondamentale il grambiule, so che in molti casi è pratico: nei lavori scolastici aiuta a non rovinare i vestiti in molte occasioni.
3. Il tempo pieno comporta un costo alla scuola e famiglie legate al vitto, cosa che non succede se si ritornasse all' antico sabato mattina.
4. Il fatto che si è dovuti ricorrere alla settimana bianca di vacanza per far si che i bambini non perdessero ore di studio e sintomatico sull'interesse che i genitori hanno alla preparazione del figlio (è un loro compito educarli).
5. Il voto in condotta non sapevo che l'avessero abolito. Comunque far ripetere un anno al bambino per il voto in condotta ha un costo per la famiglia. Se il bimbo viene bocciato , il padre (pantalone) ha il dovere di pestarlo e far crescere il bimbo forte e sano, possibilmente educato. A scuola qualche scapaccione lo preso dal maestro e pure dalla bidella ( che poi era mia zia). Ma mia madre non se ne è mai lamentata...

Se cominciassimo a dimenticare il '68, forse si potrebbe fare qualche passo avanti.

Anonimo ha detto...

Post citato ne L'Opinione Liguria di oggi. Grazie per il contributo prezioso.