sabato 27 settembre 2008
Vorremmo essere tutti imperiesi
giovedì 25 settembre 2008
mercoledì 24 settembre 2008
All'asta Marassi
(*) Ok, non necessariamente uno stadio privato ed efficiente può garantire il raggiungimento di proprio tutti gli obiettivi desiderati. Ma in questa vita ci serve, un po' di utopia.
Democristiani si nasce
martedì 23 settembre 2008
Sanità. Chi controlla i controllori?
lunedì 22 settembre 2008
Mi dispiace
sabato 20 settembre 2008
L'orecchio pubblico mettetevelo nel XXXX
venerdì 19 settembre 2008
Nessun pasto è gratis
martedì 16 settembre 2008
Comincia la scuola. Quando il primo sciopero?
La prima riguarda la richiesta che il comune di Chiavari ha fatto alla provincia di Genova: Palazzo Bianco ha concesso l'utilizzo gratuito del palazzetto dello sport, ma ha chiesto il pagamento delle spese di gestione (12.000 euro subito e poi 2.500 euro al mese). L'assessore provinciale all'Edilizia scolastica, Monica Puttini, grida al tradimento, ma onestamente non vedo come si possa contestare la scelta del primo cittadino chiavarese, Vittorio Agostino. Siamo di fronte, sempre e solo, all'ennesimo problema del disordine istituzionale italiano: enti diversi sono chiamati a cooperare, non avendo alcun incentivo a farlo. Quando si parla di federalismo fiscale, teoricamente si dovrebbe puntare a risolvere questo genere di faccende, responsabilizzando le amministrazioni e riallineando prelievo e spesa. Tanto più che, nel caso in questione, entra in gioco anche il fattore "scuola": in Italia l'istruzione è pubblica, gratuita e obbligatoria. Un cocktail micidiale che ha una e una sola conseguenza: lo scaricabarile. L'istruzione non è un investimento per nessuno, ma una spesa per molti. Finché non verranno scardinati questi fattori, continueremo ad assistere a spettacoli del genere.
A questo braccio di ferro, si è aggiunta - in numerose scuole del comprensorio - la rivolta degli insegnanti contro le riforme del ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini. Non ho un'opinione chiara sul progetto della Gelmini (qui trovate alcuni persuasivi argomenti critici), ma su due cose ritengo il ministro abbia pienamente ragione e meriti un deciso sostegno. Una è la questione del maestro unico: qui vi sono ragioni pedagogiche e finanziarie per ritornare alla "vecchia" impostazione, tanto più che il passaggio dal maestro unico al "tre per due", manco fosse una promozione al supermercato, furono principalmente di carattere clientelare (trainare dentro la scuola un po' di quelli che oggi si chiamano precari). Mi sembra giusto che coloro che beneficiarono di quella manovra, siano oggi chiamati a pagarne il conto. Più in generale, e questo mi porta alla seconda constatazione, trovo sinceramente assurdo che, ogni volta che qualcuno paventa un intervento sull'organizzazione scolastica, si scateni il finimondo (significativa l'intervista di Luigi Berlinguer sul Corriere). Gli insegnanti sono uno stakeholder importante, ed è quindi ragionevole ascoltare la loro voce: ma da qui a subirne sistematicamente il ricatto, ce ne passa. Quello che, però, lascia a bocca aperta è il comportamento degli studenti e delle loro famiglie, che - da consumatori - dovrebbero cercare un miglioramento qualitativo dell'offerta scolastica, e dovrebbero entrare nel merito delle scelte. Invece essi si schierano sistematicamente a difesa dello status quo (a suo tempo l'ho fatto anch'io, più o meno).
Perché si comportano e ci siamo comportati così? Il masochismo è un diritto, ma se diventa il comportamento maggioritario in una società, allora è l'inizio della fine.
lunedì 15 settembre 2008
Puttane e puttanate
domenica 14 settembre 2008
Enti fetenti
Le province sono, in effetti, la "quintessenza dell’ente inutile". Costose, ingombranti e senza competenze che non possano essere esercitate più e meglio dagli enti locali a circoscrizione territoriale più o meno ampia: regioni e comuni. Eppure, a queste possono essere accostate per inutilità –ma, grazie al Cielo, non per dimensione di bilanci e impicci burocratici- altri innumerevoli enti, tra cui spiccano per vezzosa futilità le comunità montane.
Istituite nel 1971 “ per la valorizzazione delle zone montane”, sono già state abolite in diverse regioni a statuto speciale (Sicilia e Sardegna; il Friuli Venezia Giulia dopo averle soppresse le ha clamorosamente resuscitate), mentre nel resto del paese permangono in gran numero (oltre 300). Qui, nel Levante, ad esempio, non abbiamo una provincia nostra ma in compenso vantiamo ben tre comunità montane (Val Fontanabuona; Val D’Aveto, Graveglia, Sturla e Val Petronio) senza che l'entroterra ne tragga un qualche sensibile beneficio.
Il governo Prodi se ne è occupato nella finanziaria 2008 sull’onda de “La casta” di Stella e Rizzo e ha pensato che fosse sufficiente un loro riordino: meno comunità, meno consiglieri e meno indennità. Il quarto gabinetto Berlusconi invece non si è ancora espresso al riguardo e si limita a confidare nella cura dimagrante sancita l’anno scorso. Di abolizione tout court non se ne parla.
E intanto la pressione fiscale aumenta…
venerdì 12 settembre 2008
La forestale contro le Lucciole
Inutile dire che ci sarebbero ben altri compiti da affidare al Corpo Forestale di Stato, infatti, sullo stesso quotidiano viene presentata la notizia dell'annoso problema degli incendi nel Tigullio e suo entroterra, quindi forse pensando che le Lucciole siano piromani è stato dato mandato anche al Corpo Forestale di controllare e combattare l'attività di meretricio nei nostri Comuni.
Dopo la dimostrazione di forza in Calabria (in Aspromonte c'è il maggior numero di Forestali d'Italia) dove, come sappiamo, la 'ndrangheta è fuggita a gambe levate di fronte a questi Berretti Verdi di tutto punto schierati, adesso anche da noi il meretricio non sarà più praticato con adestramento alla Full Metal Jacket (o alla Pretty Women???) tutto ciò sarà debellato e vivremo in un Golfo un pò bruciacchiato ma senza fuochi nei bidoni a lato delle strade.
mercoledì 10 settembre 2008
It's the market, baby
martedì 9 settembre 2008
Nessuna provincia. O una provincia in più?
domenica 7 settembre 2008
Una tassa sul turismo?
venerdì 5 settembre 2008
Genova: bye bye bio
E' vero, dal punto di vista della qualità, quello che afferma Ferrante: "Se la qualità dei prodotti è scadente non si può imputare al fatto che sono coltivati con metodo biologico". Fatto sta che gli sbalzi di qualità nel biologico sono maggiori, e non potrebbe essere altrimenti, poiché il processo di selezione e la protezione contro parassiti e infestanti è giocoforza inferiore. Aggiunge Ferrante: "Semmai c’è da dire che in tutte le mense scolastiche in cui si introducono prodotti biologici è necessario anche avviare un percorso di educazione alimentare accurato, oltre appunto ai controlli di qualità, ma queste sono cose note a tutti e che funzionano e stanno funzionando anche in realtà ben più importanti". Su questo è, invece, difficile seguirlo: cosa vuol dire che per somministrare cibi bio bisogna avviare programmi di educazione alimentare? A me pare che, dietro queste parole, ci sia tutta la forza pelosa di una lobby "politicamente corretta": ti vendo il pomodoro, ma ti obbligo a comprarmi anche il caravanserraglio pseudoeducativo che gli sta dietro. In ogni caso, e torno al punto di partenza, la realtà semplice e banale è che sul mercato - persino in un mercato politicizzato e quindi per definizione irrazionale come quello degli appalti alle mense pubbliche - quello che alla fine conta è la soddisfazione del cliente, e questo è un compito che i produttori biologici sembrano rifiutare, come se fossero investiti da una missione più alta del rispondere a una domanda di mercato.
Un ulteriore tassello viene dalle parole di Paola Trionfi, responsabile ristorazione dell'Aiab: "Se la causa fosse un problema di qualità della fornitura, sarebbe doveroso risolverlo attraverso lo strumento del capitolato. Ma se la motivazione fosse invece la riduzione dei costi (vedi il taglio di 130.000 pasti in tutte le scuole entro il 31 dicembre all'avvio del nuovo capitolato d'appalto che attribuirà 71 punti alle offerta più economiche e solo 29 alla qualità), allora sarebbe meglio non ricalcare stereotipi ormai desueti del biologico brutto da vedere e poco buono da mangiare, anche perché difficile da trovare sul mercato". Probabilmente, c'è una componente di verità in quello che dice. Solo che essa va illuminata dalle considerazioni appena svolte. Cioè, l'amministrazione genovese si trova a gestire mense con costi superiori a quelli di mercato, e qualità (e sicurezza, ma questo è un altro discorso ancora) inferiori. Se uno la vede in questa prospettiva, non è certo stupefacente la decisione di mettere fine a una lunga e costosissima parentesi.
Crossposted @ RealismoEnergetico.org
giovedì 4 settembre 2008
mercoledì 3 settembre 2008
Lavagna goes global...
martedì 2 settembre 2008
La liberalizzazione dei servizi pubblici locali...
Vietato prendere il treno
PS Vaccarezza nella sua lettera protesta pure perché le belle di notte "sono in contatto fra loro tramite telefoni cellulari". Quando c'era Lui, caro Lei...
lunedì 1 settembre 2008
L'acqua a ogni costo
In verità, comunque, a Rustichelli interessa abbastanza poco la gestione della società, quanto piuttosto i prezzi dell'acqua, che ritiene troppo alti. Come è costume per le municipalizzate, il sito di Idrotigullio è zeppo di informazioni tecnicamente corrette ma privo di informazioni utili e, quindi, non dice come i consumi vengano tariffati e perché. Ci spiega però che la legge fissa al 7 per cento la remunerazione del capitale investito, e questo è un primo punto: surprise surprise, l'azienda non ha alcun incentivo a essere efficiente, perché se lo è non potrà comunque produrre utili aggiuntivi da distribuire ai soci. Al tempo stesso, opera in condizioni virtualmente monopolistiche, e quindi foriere di inefficienze. A questo duplice problema - che è comune a tutt'Italia - si può rispondere in un solo modo: liberalizzando i servizi idrici e privatizzando le società che competono per fornirli.
Resta il nodo dell'aumento delle tariffe (contro Idrotigullio è stata proclamata una class action, che non esiste, ma si sa, conta l'effetto annuncio). In Italia (non solo nel Tigullio) c'è effettivamente un problema di prezzi dell'acqua, ma al contrario: sono troppo bassi, determinando sprechi e sottoinvestimento (come scrive oggi Francesco Giavazzi). Le perdite dalle reti idriche italiane (soprattutto al Sud) sono inconcepibili, e possono trovare rimedio solo creando un autentico sistema di mercato nel quale il prezzo sia effettivamente una misura di valore, e non la casella su cui si è assestato il boccino della politica.