Alitalia e Ferrovie dello Stato non sono i soli giganti pubblici dai piedi d’argilla del trasporto italiano. Ne esiste almeno un terzo che, come gli altri, è al tempo stesso una crescente voce passiva del bilancio dello stato, una macroscopica negazione dei principi (comunitari) di libera concorrenza e un insormontabile ostacolo allo sviluppo del settore logistico nel nostro paese. È Tirrenia: la compagnia pubblica dei servizi di cabotaggio che, controllata al 100% da FINTECNA (finanziaria dello stato erede dell’IRI), riceve contributi statali per il servizio pubblico in un ammontare superiore alla metà dei suoi ricavi ma ovviamente non riesce a soddisfare gli utenti.
Come ripetutamente -anche recentemente- sostenuto dall’associazione degli armatori italiani Tirrenia andrebbe privatizzata. Lo stesso presidente del consiglio proprio all’assemblea di Confitarma lo aveva caldeggiato appena un mese fa. Ciononostante nella manovra finanziaria, che pure si occupa di Tirennia all’art. 57, non c’è traccia di una seppur minima dismissione: solo la previsione di una possibile cessione delle compagnie partecipate Caremar, Siremar, Saremar e Toremar alle regioni di riferimento.
Ho l’impressione che le zecche e gli scarafaggi, di cui si sono lamentati i passeggeri giorni fa, non siano gli unici parassiti a infestare Tirrenia…
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