Rivolta dei ristoratori del Tigullio contro le sagre. I gestori di ristoranti e trattorie lamentano la "concorrenza sleale" praticata dai padiglioni all'aria aperta, di fatto liberi da controlli di ordine fiscale e sanitario. Se è per questo, fanno concorrenza "sleale" anche per quel che riguarda il costo del lavoro (zero, visto che in genere la forza lavoro è composta da volontari) e lo "sfruttamento" (credo si chiami così) del lavoro minorile. E allora?
E' importante, qui, evidenziare due fattori. In primo luogo, le sagre rappresentano un ampliamento dell'offerta nel momento di maggior affluenza turistica. Chiunque abbia dovuto prenotare un tavolo da sei o più persone, un venerdì o sabato sera, in un ristorante a basso prezzo (è ovvio che la sagra non fa la concorrenza al ristorante di lusso) sa bene che non sempre è facile trovare posto. La sagra, dunque, contribuisce a un ampliamento dell'offerta rivolta soprattutto alla clientela non esigente (che è disposta a mangiare con piatti e posate di plastica, tormentata dalle zanzare, dopo mezz'ora di fila, e talvolta pagando un prezzo comparabile a quello praticato nei ristoranti). Secondariamente, proprio per questo mi sembra che il livello di concorrenza non sia particolarmente rilevante: chi vuole andare al ristorante per passare una serata tranquilla, va al ristorante, anche se c'è la sagra; e chi vuole andare alla sagra per ballare, magari ci va mezz'ora prima e ne approfitta per mangiare, ma questo non significa che - a parità di altre condizioni - sarebbe andata al ristorante se la sagra non avesse offerto servizi di ristorazione.
Mi sembra, quindi, che la protesta dei ristoratori sia piuttosto debole. E se anche fosse vero che essi devono subire una concorrenza più intensa nel momento di maggiore domanda, non vedo onestamente il problema. Questo è un fenomeno che si verifica virtualmente in qualunque settore liberalizzato, e anche in quelli non liberalizzati se si considerano anche le soluzioni, diciamo, informali. Perfino i tassisti abusivi si moltiplicano, nelle grandi città, nelle giornate e nelle ore in cui le code alle fermate dei taxi sono più lunghe. E' chiaro che con le sagre la concorrenza si fa più feroce, ed è bene che sia così. Capisco che la stagione sia quella che è, ma non si può pensare di uscirne chiedendo (peraltro senza alcuna probabilità di successo) limitazioni forzose dell'offerta.
2 commenti:
Carlo, sotto il profilo teorico il tuo ragionamento è giusto, sotto il profilo pratico un pò meno, per colpa, manco a dirlo dello Stato e dell'Europa. Quello che avviene in una sagra è totalmente illegale per un ristoratore, dalla rintracciabilità del prodotto, alle norme igieniche a tutto il resto, senza contare che spesso e volentieri le sagre non sono così a buon prezzo, come si vuole intendere ( ma questa poco importa, contenti i clienti...).
Ma tant'è siamo Italiani....
Davide, quello che dici è verissimo, ma a me - sia nella mia esperienza, sia per quel che posso capire del comportamento altrui - non pare sinceramente che la sagra sia un'alternativa al ristorante. E questo è tanto più vero poiché i costi sono ormai quasi allineati. Chi va alla sagra, va alla sagra - e magari ne approfitta per mangiare. La sagra e il ristorante sono due cose diverse: sostenere che si fanno concorrenza diretta sarebbe come dire che il ristorante e il McDonald's si fanno la concorrenza. A me pare che, da un lato, il flusso di persone che, al margine, scartano il ristorante per la sagra sia davvero esiguo; dall'altro, che in ogni caso la sagra rappresenti un normale, comprensibile e doveroso ampliamento dell'offerta nel momento di maggior domanda.
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